| Antonio Giraudo e il doping, quello amministrativodi Marco Liguori e Salvatore NapolitanoE' ormai la parola d'ordine della dirigenza juventina: «doping 
        amministrativo». Il 28 ottobre ne ha parlato per primo l'amministratore 
        delegato Antonio Giraudo. Non più tardi dell'altro ieri, il concetto 
        è stato ribadito dal direttore generale Luciano Moggi. Chi non 
        paga le tasse è un concorrente sleale e chi non è in regola 
        con i parametri non potrà iscriversi né alle coppe europee, 
        come prescrive l'Uefa, né al campionato, come prescriverebbe la 
        Federcalcio: è questo il succo del ragionamento bianconero. Da 
        sempre, la Vecchia Signora mena vanto del suo stile: e allora non può 
        non fare specie che a coniare la nuova parola d'ordine, sia stato proprio 
        colui (Giraudo) che è attualmente sotto processo a Torino per il 
        doping, quello vero, quello che può fare così male da provocare 
        la morte. Niente giudizi sommari di condanna, per carità, ma solo 
        la sottolineatura della sua assenza di stile. In astratto, i discorsi 
        di Giraudo e Moggi non fanno una piega: ma è d'obbligo ricordare 
        che, se fossero davvero applicate le nuove norme della Federcalcio riguardanti 
        i parametri da rispettare per iscriversi al campionato, anche la Juventus 
        sarebbe fuori, nonostante le dichiarazioni di Giraudo dello scorso 29 
        ottobre alla Gazzetta dello Sport. C'è infatti un nuovo parametro 
        introdotto con l'ultimo testo delle NOIF (norme organizzative interne 
        federali), approvato lo scorso 28 aprile dal Consiglio della Figc. All'articolo 
        89, si stabilisce l'obbligo di assenza al 30 aprile di debiti verso Erario, 
        tesserati ed Enti previdenziali. In più, oltre a quello classico 
        del rapporto tra i ricavi e l'indebitamento non inferiore a tre, è 
        stato aggiunto un nuovo parametro, quello tra il patrimonio netto e l'attivo 
        patrimoniale, che deve risultare non inferiore a 0,5. Ebbene, al 30 giugno 
        2003, data di chiusura dell'ultimo bilancio annuale, in casa Juventus 
        il valore del patrimonio netto era pari a 99,62 milioni, mentre l'attivo 
        patrimoniale si era attestato a 468,97 milioni: si verifica facilmente 
        che il rapporto valeva 0,212, ossia meno della metà di quanto richiesto. 
        Dunque, anche la Juventus, come tutte le altre, non rispetta i parametri. 
        E' il motivo per cui la Federazione ha procrastinato a tempi migliori 
        l'applicazione delle nuove regole: si è accorta infatti che il 
        campionato di serie A si sarebbe giocato a zero squadre. E risulta strano 
        che Giraudo non si ritenga in qualche modo responsabile dell'introduzione 
        del «doping amministrativo» nel calcio italiano. Fu lui, insieme 
        all'amministratore delegato del Milan e attualmente presidente della Lega 
        Calcio, Adriano Galliani, il fautore della trasformazione delle società 
        di calcio in Spa a scopo di lucro, che risale al 1996. Il governo dell'Ulivo, 
        appoggiato da Rifondazione Comunista, scelse addirittura la strada immediata 
        del decreto legge per venire incontro alle richieste capitanate da Milan 
        e Juventus: era il 20 settembre. Il decreto fu convertito nella legge 
        586 il 18 novembre. E fu ancora Giraudo, perennemente insieme a Galliani, 
        a spingere perché i diritti televisivi criptati diventassero soggettivi 
        da collettivi che erano.Dunque, le forme di «doping amministrativo» sono molteplici: 
        per esempio, la Juventus e il Milan sono le uniche società ad incassare 
        in anticipo il corrispettivo di due anni di diritti televisivi criptati, 
        oltre ad altri contratti commerciali. E non lo fanno per la bravura della 
        dirigenza, ma soltanto per la loro appartenenza a due gruppi di consolidato 
        potere politico, economico e finanziario: Fiat e Fininvest. Sono le solite 
        maldicenze da bar sport? Niente affatto: è la confessione della 
        Juventus. A pagina 10 del prospetto informativo per la quotazione in Borsa, 
        depositato presso la Consob il 5 dicembre 2001, si legge: «Qualora 
        si verificasse una modifica sostanziale negli assetti societari della 
        Juventus a seguito della quale il controllo, anche di fatto, della società 
        non facesse più capo, direttamente o indirettamente, ad uno o più 
        dei componenti delle famiglie dei discendenti del senatore Giovanni Agnelli 
        che attualmente detengono il controllo della Giovanni Agnelli & C. 
        S.a.p.az., l'efficacia degli accordi della società di cessione 
        dei diritti televisivi e telefonici rispettivamente con Europa Tv spa 
        e Sport+ snc e con H3G spa potrebbe venir meno con possibili effetti negativi 
        sulla situazione economico-finanziaria della società». Tradotto 
        in cifre, l'introito anticipato dei diritti televisivi criptati e di alcuni 
        contratti commerciali vale, nell'ultimo esercizio, 165,34 milioni di euro 
        per la Juventus e 150,93 milioni per il Milan: soldi freschi e già 
        utilizzati per la gestione. Se in vecchie lire fa più effetto, 
        si tratta rispettivamente di circa 320 e 292 miliardi. A incassare ciò 
        che la Juventus si fa semplicemente anticipare, l'Empoli impiega ben 8 
        anni e mezzo: infatti, il fatturato complessivo annuo della società 
        toscana è stato pari, nella stagione 2002-2003, a 19,5 milioni. 
        E' facile pagare le tasse regolarmente con agevolazioni finanziarie di 
        tale portata e fare la voce grossa con chi non disponga di analoghi vantaggi. 
        Facciamo due paragoni con le società che la Juve ha messo sul banco 
        degli imputati, pur senza mai nominarle direttamente: al 30 giugno 2003, 
        la Roma aveva un debito complessivo verso l'erario di 79,055 milioni, 
        17,041 dei quali per interessi e sanzioni, e la Lazio doveva pagare ancora 
        118,84 milioni. Se avessero potuto disporre in anticipo delle somme di 
        Juve e Milan, le due romane non avrebbero accumulato tutto quel debito 
        nei confronti del fisco. Ed è anche discutibile l'affermazione 
        che i bianconeri paghino regolarmente tutte le tasse: non si spiegherebbe 
        perché mai essi abbiano aderito ad alcune forme di condono previste. 
        La Juventus ha pagato 755mila euro per definire la sua posizione in materia 
        di Iva e di imposte dirette, per gli anni tra il 1997 e il 2001, optando 
        per l'«integrativa semplice» e per la «definizione automatica 
        per gli anni pregressi».
 Quanto alla torta dei diritti televisivi criptati, che ha questa forma 
        proprio per le insistenze di Giraudo e Galliani, è significativo 
        il confronto con l'Inghilterra. Da noi i bianconeri hanno incassato da 
        Telepiù 54 milioni nella stagione 2002-2003, mentre Como, Empoli, 
        Modena e Piacenza se la sono dovuta cavare con 5,6 milioni a testa. E' 
        il frutto della contrattazione individuale. Invece, Oltremanica la vendita 
        dei diritti televisivi è ancora collettiva: la metà dei 
        proventi totali è suddivisa in parti uguali tra le società 
        della «Premier League», mentre l'altra metà è 
        assegnata in base al piazzamento in classifica e al numero di passaggi 
        televisivi in diretta. Traducendo questa regola in soldoni, e comparando 
        gli incassi del primo con quelli dell'ultimo, si può osservare 
        come nel campionato 2001-2002, il Manchester United e il Leicester City 
        abbiano ricevuto rispettivamente 25,82 e 10,83 milioni di sterline, ossia 
        approssimativamente 37,23 e 15,62 milioni di euro. Come si nota, è 
        una distribuzione più equilibrata: da noi, la Juventus incassa 
        circa dieci volte in più delle ultime, mentre in Inghilterra il 
        Manchester ha conseguito soltanto poco più del doppio del Leicester.
 «Doping» finale, il regalo del Delle Alpi: il 15 luglio scorso, 
        il Comune di Torino ha concesso alla Juventus il diritto di superficie 
        della durata di 99 anni sull'area dello stadio e zone adiacenti. In cambio 
        di 25 milioni di euro, i bianconeri hanno ricevuto la possibilità 
        di costruire un centro commerciale, una multisala cinematografica e la 
        propria nuova sede con annesso museo. Si tratta di 54mila metri quadrati 
        di superficie utile esistente all'interno di un'area complessiva di circa 
        350mila metri quadrati. Calcolando solo la superficie utile, il costo 
        per la Juventus è stato pari a 4,68 euro annui al metro quadro: 
        una minusvalenza in piena regola per i cittadini. Per installare un banco 
        per il commercio di libri usati oppure di fiori, a Torino si pagano mediamente 
        76,65 euro annui al metro quadro.
 (Fonti: 
	  www.ilmanifesto.it)   |